mercoledì 21 marzo 2018

NOTE - Partigiani fucilati a Villorba

1] Ordini ricevuti dal CLN Alta Italia. L’insurrezione popolare era già iniziata il 24 aprile a Genova (dove i tedeschi si arresero ai partigiani il giorno successivo) e a Milano il 25 aprile, quando il CLNAI proclama disciolto lo stato fascista e le sue forze armate.
[2] Verbale della seduta del 26 aprile 1945 del CLNP di Treviso in Marco Borghi, Dopo la guerra. Politica, amministrazione e società nei verbali del CLN provinciale…  , p. 83.
[3] Il comitato politico (CLNP) era composto dai rappresentati del Partito Comunista, Partito d’Azione, Democrazia Cristiana, Partito Socialista e Partito Liberale - vedi manifesto del 28 aprile1945; i repubblicani (PRI) e i cristiano sociali (PCS), pure attivi nella resistenza trevigiana, nella sua fase finale non facevano parte del CLN. Le motivazioni di questa assenza in Borghi, cit., pp. 20-21.
Il comando militare del Corpo Volontari della Libertà (CVL) era composto da Ennio Caporizzi "Gerardi", comandante militare della Piazza [PCI], Umberto Romagnoli "Carini", vice comandante della Piazza [DC], Guido Tonello "Turno", Capo di Stato Maggiore [Giustizia e Libertà], Pasquale
Ricapito ["Leto"], inviato del Comando Generale Alta Italia.
[4] Cfr. la cronologia in “28 aprile 1945, Treviso. Il CLN ordina l’insurrezione”. (Blog Treviso 1945, Liberazione ).
[5] «Il proiettile [del cannone contraerei 8,8 cm Flak] ad alto esplosivo aveva una quota massima di 9.900 m, ma raggiungeva la massima efficacia a 8.000 m, la massima gittata nel tiro terrestre era di 14 800 m. Utilizzato come arma anticarro poteva impegnare bersagli con il tiro nel primo arco (tiro diretto) fino a 3000 m». (Wikipedia).
[6] L’ordine di occupazione della città di Treviso verrà dato nel pomeriggio del 28 aprile.
Nel frattempo le forze armate venete della RSI si erano arrese senza condizioni alle forze della Resistenza (27 aprile ore 20,30, Padova, cfr. Azioni militari del periodo insurrezionale... , p. 18). Pertanto non fu attuato il piano di difesa del capoluogo messo a punto il 20 marzo 1945 dal 29° Comando Militare Provinciale. (Borghi, cit . p. 30). Da parte loro le brigate nere di Treviso — dopo che al mattino del 27 aprile avevano consegnato al vescovo Antonio Mantiero (recatosi dal federale Galante con una proposta di resa stilata dai partigiani) una controproposta in cui ponevano le proprie condizioni si erano fulmineamente eclissate, senza attenderne l'esito. (Maistrello, XX Brigata Nera... , pp. 190-191).
[7] La precisazione sul modello del camioncino utilizzato dai partigiani è di Mario, figlio di Carlo Mazzon, uno dei due soci. (File 17012603).
[8] Gli storici mulini Mandelli, attivi già in epoca veneziana quando macinavano per la Serenissima, sorgevano alla confluenza della Storga con il Sile.
Per la SEPRAL la Fermi&Mazzon aveva a disposizione stabile uno dei suo camion.
«Mio papà possedeva, insieme a Mirco Fermi due FIAT 18 BL […] su uno dei due era scritto SEPRAL - Sezione provinciale alimentazione - e quello era intoccabile». Testimonianza di Mario Mazzon, file 17012603, 02:20 .
[9] Botter, nato il 30.12.1924, abitava a Silea e gestiva un laboratorio di riparazioni radio fra la strada Callalta e la restera del Sile, a Porto di Fiera, nella casa e in società con Romeo Caldato, partigiano della Bottacin e fratello del più noto Marcello Caldato “Sauro”, che nei giorni dell’insurrezione fu a capo della stessa brigata Bottacin: la “Brigata Bocia” , così chiamata da Botter.
La partenza dei partigiani “dalla Storga” è confermata anche da Ferdinanda Arrigoni di Villorba, che ricorda come anche a suo padre - che lavorava per l’appunto alla Storga - i partigiani avevano chiesto di unirsi a loro, ma lui si rifiutò avvertendo che Villorba “era piena di tedeschi”. (File 170011909, 01:33-02:50).
[10] La relazione di Botter è stata consegnata all'Autore in occasione dell'intervista effettuata a Fiera il 30 gennaio 2017 (file 17013004).
Italo Buttazzoni, che abitava in via Dandolo nei pressi della stazione ferroviaria, frequentava i partigiani di Fiera. Ricorda Botter: «Era militare di leva e veniva da noi in bottega entrando da via Callalta e usciva disarmato dalla parte del Sile. Lasciava lì il fucile per i partigiani e noi lo mettevamo in una cassa che avevamo sepolto nell’orto». (File 17013004, 04:46).
[11] Elio Cibin, 30 giugno 1927 - 10 aprile 2017, sindacalista e dirigente della Cgil, non faceva parte di nessuna brigata partigiana, ma per residenza (via Callalta - Porto di Fiera), ambiente sociale e frequentazioni, era “organico” al movimento di Resistenza e, in particolare dopo la
Liberazione, con la sua militanza nel PCI e nel sindacato, fu a contatto con tutti i protagonisti della guerriglia di pianura. Cibin non ha dubbi che la sfortunata azione dei partigiani di Fiera non sia stata improvvisata, ma rispondesse a una precisa richiesta delle formazioni partigiane
della zona. La testimonianza di Cibin è stata raccolta il 26 gennaio 21017 (file 17012601) nella sua abitazione di via Veronese, a Fiera, presenti - oltre alla moglie Adalcisa (Milena) - Adriano Caldato e il laureando Nicola Gnocato.
[12] Cibin, Idem , 03:15.
[13] [27 aprile 1945] «I prigionieri tedeschi, i fascisti ed i materiali che man mano vengono catturati sono tradotti alla Cartiera Burgo e consegnati al comando della Brigata, dove, per le spie fasciste di notoria attività criminosa, si è costituito un Tribunale partigiano.
I prigionieri di guerra tedeschi, invece, vengono trattati secondo le convenzioni internazionali». (“Breve relazione sulle operazioni di guerra [...] della Brigata 'U. Bottacin', 25 aprile-8 maggio 1945”, in Brunetta, 1945: la Cartiera Burgo... , p. 104).
Solo nella seduta del CLNP del 3 maggio 1945 verranno indicate «come unico campo di concentramento dei detenuti politici e dei prigionieri di guerra (con sezioni distinte) le caserme di Monigo». (Borghi, cit ... , p. 93).
[14] Cibin, Idem , 01:20 e 11:16.
[15] Cibin, Idem , 02:30.
[16] Praticamente “gli andarono  in bocca”, commenta Agostino Zago. (File 17012001, 13:56).
[17] Che all’interno delle scuole di Villorba non ci fossero solo i partigiani partiti dalla Storga lo sappiamo dalla cronistoria del parroco di Villorba don Giuseppe Bagaglio, il quale afferma che il 29 mattino furono uccisi otto dei quattordici “patriotti” «catturati due giorni prima a Fontane».
Anche lo storico locale Onorio Ghirardo parla di una quindicina di partigiani prigionieri all’interno delle scuole elementari di Villorba.
[18] «Dal 15 novembre 1944 al 17 gennaio 1945, l’Asilo Infantile, retto dalle Suore (Sorelle della Misericordia di Verona), fu occupato da un reparto germanico. Durante tutto quel tempo ho potuto constatare la massima disciplina e grande rispetto, sia da parte degli ufficiali che dai soldati». (Cronistorie di guerra ... 1939-1945,  p. 832)
[19] Bortoletto, per questa sua attività con i tedeschi non ebbe vita facile nel dopoguerra e per non essere bersaglio di possibili vendette si rifugiò a Conegliano, dove avvenne l’incontro-intervista con Onorio Ghirardo.
[20] Testimonianza di Agostino Zago, che ricorda quanto gli riferì un suo parente, Riccardo Zago, abitante nella casa di fronte al Capitello del Cristo”, nel luogo in cui avvenne la cattura dei partigiani di Fiera la sera del 27 aprile 1945.
[21] «Erano i due più anziani [... e, fra gli altri sei,] ce n’era uno molto giovane, aveva i calzoncini corti, avrà avuto 18 anni, sembrava un ragazzino [paréa un tosatel] ». Testimonianza di Agostino Zago, Villorba, 1932. (File 17012001, 08:26 e 09:56). Quella domenica mattina il chierichetto Agostino accompagnò il cappellano a portare gli Oli Santi ai fucilati.
Sulla disperata fuga verso la salvezza di due fra i condannati a morte, non essendoci stato nessun testimone oculare, ci furono anche anche ad altre versioni. Albino Pizzolato, ad esempio, riportando i ricordi di sua madre, afferma che i due avevano già raggiunto il fossato quando furono rincorsi e lì fucilati dalle SS. Sarà poi il fratello del custode del cimitero a raccoglierli e a portarli vicino agli altri. (Comunicazione all'Autore, 25 aprile 2017).
[22] Per la reazione del Comando Piazza di Treviso, cfr. Schiavetto, Intervista a Enrico Opocher..., Documento 38: “Comunicazione di Vittorio, commissario del Gruppo Brigate Garibaldi di Treviso al Comando Piazza”, pp. 197-198. Nella concitazione di quelle ore l'episodio venne riferito come accaduto a Povegliano, ma si tratta senza alcun dubbio della fucilazione di Villorba.
[23] La ricerca nell'archivio parrocchiale di Fiera è stata effettuata da Adriano Caldato.
Sulla grande partecipazione popolare ai funerali dei partigiani e sui commenti della popolazione, cfr. testimonianza di Elio Cibin, file 17012601, 16:20 e 20:12.
[24] La voce popolare, a Fiera, vuole che sul muro del cimitero siano ancora presenti i fori delle pallottole sparate ai partigiani. In effetti, nella parete alle spalle del piccolo monumento posto di fronte all’ingresso del cimitero ci sono delle sbrecciature nelle pietre che possono far pensare all’impatto delle pallottole, «ma non è così, precisa Onorio Ghirardo, perché i partigiani non furono fucilati in quel punto, ma nella parete nord del cimitero dove è posta la lapide del comune di Villorba».
[25] Intervista a Elio Cibin del 26 gennaio 2017, 17:42-19:45, sintesi.
Elio Fregonese fu partigiano, dirigente sindacale, deputato del PCI e nel 1992 fondatore dell'Istresco, assieme a un altro partigiano, il due volte sindaco DC di Castelfranco Veneto, Gino Sartor.

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